Conversazione tra Andrew Cohen
e Eckhart Tolle (SECONDA PARTE)
Che significa “essere
nel mondo” ma non “del mondo”?
Conversazione tra Andrew Cohen e
Eckhart Tolle
Che significa “essere nel mondo”
ma non “del mondo”?
3ème Millenarie n. 65 –
Traduzione di Luciana Scalabrini, seconda parte
A.C.: Per la maggior parte delle persone
che partecipano alla ricerca spirituale dell’Oriente
all’incontro con l’Occidente, sempre più
veloce in questi ultimi tempi, Gautama il Buddha e Ramana
Maharshi (uno dei vedantici più rispettati oggi)
spiccano tutti e due come esempi ineguagliati di risveglio,
splendido e in modo molto interessante, ma, riguardo al
giusto rapporto con il modo dell’aspirante spirituale,
i loro insegnamenti divergono considerevolmente.
Il Buddha, che rinuncia al mondo, incoraggia
i più sinceri a lasciare il mondo e a seguirlo per
vivere una vita santa, liberi dalle preoccupazioni e dagli
affari della vita di capofamiglia. Ramana Maharshi scoraggia
da parte sua i suoi discepoli a lasciare il focolare alla
ricerca di più grandi centri di interesse o d’intensità
spirituale. Infatti, scoraggia ogni atto di rinuncia al
mondo esteriore e incoraggia piuttosto l’aspirante
a guardare in sé per trovare la causa dell’ignoranza
e della sofferenza all’interno di se stesso.
In effetti, molti dei suoi adepti, in
numero sempre crescente, dicono, oggi, che il desiderio
di rinuncia è un desiderio dell’ego, proprio
la parte di cui vogliamo liberarci. Certo, il Buddha insiste
molto sulla necessità della rinuncia, del distacco,
della costanza e della costruzione come veri fondamenti
sui quali può basarsi la liberazione interiore.
Perché pensate che gli approcci
di questi due illuminati siano così diversi? Perché
il Buddha incoraggia i suoi seguaci a lasciare il mondo,
mentre Ramana li incita a restare dove sono?
E.T.: Non c’è che una sola
via efficace. Nelle diverse epoche, certi approcci, hanno
potuto funzionare bene per una certa epoca e non avere alcun
effetto in un’altra. Il mondo in cui viviamo oggi
pesa molto di più, è molto più invadente.
E quando dico il mondo includo la mente dell’uomo.
La mente dell’uomo si è continuamente sviluppata
dall’epoca di Buddha, 2500 anni fa. E’ più
inquieta e invadente e gli ego sono più forti. Si
è verificato un accrescimento dell’ego nelle
migliaia di anni; è cresciuto fino alla follia e
la follia è arrivata al suo apogeo nel XX secolo.
Basta leggere la storia del XX secolo per vedere il parossismo
della follia umana, se la si misura in termini di violenza
inflitta a degli uomini da altri uomini. Oggi non possiamo
più sfuggire al mondo; non possiamo scappare dalla
mente. Abbiamo bisogno d’entrare nell’abbandono
mentre siamo nel mondo. Questo sembra essere il cammino
più efficace per il mondo in cui viviamo. Forse all’epoca
di Buddha era molto più facile ritirarsi che non
oggi. La mente dell’uomo non era così dominante.
E.T.: Bene, diede le sue ragioni, ma
alla fine non sappiamo perché il Buddha insiste sul
fatto di ritirarsi dal mondo piuttosto che, come dice Ramana
Maharshi “agire nel mondo”. Ma mi sembra, dopo
che ho osservato, che la via più efficace per le
persone di oggi è l’abbandono nel mondo piuttosto
che provare a ritirarsi dal mondo e creare una struttura
che renda più facile l’abbandono. C’è
già una contraddizione quando create una struttura
per rendere più facile l’abbandono. Perché
non abbandonare fin da ora? Non avete bisogno di fare nulla
per rendere più facile l’abbandono perché
allora non è più vero abbandono. Sono stato
nei monasteri buddisti e ho potuto vedere a che punto si
può fare facilmente (hanno lasciato il loro nome
per adottarne un altro, si sono rasati la testa, portano
i loro abiti).
A.C.: Dite che è stato abbandonato
un mondo per un altro; una identificazione per un’altra;
un ruolo è stato abbandonato per assumerne un altro?
Niente è stato veramente abbandonato?
E.T.: E’ vero. Per questo motivo
fatelo dove siete, qui e ora. Non è necessario cercare
un altro posto, un’altra condizione o un’altra
situazione, ma fatelo qui. Fatelo qui e ora. Là dove
siete è il luogo ideale per abbandonare. Qualunque
sia la situazione in cui vi trovate, potete dire “si”
a ciò che è, ed è il punto di partenza
di ogni azione ulteriore.
A.C.: Molti insegnanti e insegnamenti
dicono oggi che questo desiderio di rinunciare al mondo
è l’espressione dell’ego. Come lo vedete?
E.T.: Il desiderio di rinunciare al mondo
è ancora il desiderio di raggiungere uno stato, in
cui non siete attualmente. E’ la proiezione mentale
di uno stato che si desidera raggiungere, lo stato di rinuncia.
E’ una autoricerca attraverso il futuro. In questo
senso è l’ego. La vera rinuncia non è
nel desiderio di rinunciare, viene come un abbandono. Non
potete avere il desiderio di abbandonare perché è
un non-abbandono. L’abbandono sorge a volte spontaneamente
nelle persone che non hanno nemmeno un nome da dargli. E
so che l’apertura viene oggi a molte persone. Molte
persone che vengono a trovarmi hanno una grande apertura.
A volte non hanno bisogno che di qualche parola per intuire
immediatamente il gusto dell’abbandono, anche se non
dura; ma l’apertura c’è.
A.C.: E che dire dell’appello spontaneo
del cuore ad abbandonare tutto ciò che è falso
e illusorio, tutto ciò che è basato sulla
relazione materialista dell’ego alla vita? Per esempio,
quando il Buddha decide: “devo lasciare la mia casa
dietro di me”, è difficile dire che si tratta
di un desiderio egoista, la ricerca di un risultato. E Gesù
diceva: “venite e seguitemi, lasciate che i morti
seppelliscano i loro morti”
E.T.: E’ riconoscere il falso come
falso, soprattutto nel campo interiore; osservare le false
identificazioni, il rumore mentale, l’identificazione
con immagini mentali, come l’entità “me”.
Questa scoperta è bella. Un’azione allora può
emergere, il riconoscimento del falso e forse potrete vederla
riflettersi nelle circostanze della vostra vita, e allora
potete lasciarli dietro di voi, o no. Ma il riconoscere
e il rinunciare a tutto ciò che è falso e
illusorio sono essenzialmente interiori.
A.C.: I due esempi di Buddha e di Gesù
sarebbero così degli esempi di potenti manifestazioni
esteriori di questo riconoscimento interiore.
E.T.: Si. Non si può prevedere
quale sarà il risultato di questo riconoscimento
interiore. E’ accaduto al Buddha perché era
già un adulto quando realizzò che gli uomini
morivano, si ammalavano e invecchiavano. Questa scoperta
fu così forte che guardò in sé e si
disse che niente aveva senso se era tutto ciò che
esisteva.
A.C.: Ma poi, fu costretto a partire,
ad abbandonare il suo regno. Da un certo punto di vista
avrebbe potuto dirsi: “Bene, tutto è qui e
ora, e tutto ciò che devo far è abbandonare,
qui e ora, senza condizione”. Penso che il risultato
avrebbe potuto essere molto diverso, sarebbe diventato un
re illuminato!
E.T.: Ma a quell’epoca non sapeva
ancora che tutto ciò che era necessario è
l’abbandono.
A.C.: Quando Gesù domandava ai
pescatori di lasciare le loro famiglie e le loro vite per
seguirlo e, in modo simile, quando il Buddha passava nelle
città e chiamava gli uomini a lasciare tutto dietro
di sé, il loro abbandono era dimostrato concretamente
con la loro partenza, dicendo “si” a Gesù
e a Buddha e lasciando andare i loro attaccamenti interiori.
In questo caso, il lasciar andare non era solo una metafora
della trascendenza interiore; questo significava anche,
letteralmente, lasciar andare qualsiasi cosa.
E.T.: Per certe persone è in parte
vero. Possono lasciare il loro ambiente o le loro attività
abituali, ma la vera domanda è sapere se hanno già
visto il falso in loro. Se non l’hanno mai visto,
il lasciar andare esteriore è solo una forma mascherata
di stare meglio.
A.C.: Come ultima domanda, vorrei interrogarvi
sulla relazione tra la vostra comprensione del risveglio
o l’esperienza della coscienza non-duale, e gli obblighi
mondani. Nel giudaismo impegnarsi a pieno nel mondo com’è
è considerata la realizzazione della chiamata religiosa.
Infatti dicono che non è vivendo con tutto il cuore
i comandamenti che il potenziale spirituale della razza
umana si può manifestare sulla terra. L’erudito
ebreo David Ariel, ha scritto: “Noi terminiamo il
lavoro di Dio… Dio ha bisogno di noi perché
siamo i soli che possono migliorare il mondo”.
Molti insegnamenti come il vostro sulla
non-dualità o il risveglio, privilegiano il risveglio
individuale. Ma i nostri fratelli ebrei sembrano richiamare
a qualcosa di molto diverso, la spiritualizzazione del mondo
attraverso la partecipazione con tutto il cuore al mondo
di uomini e donne devoti. E’ vero che questi insegnamenti
non-duali sul risveglio privano il mondo di questa partecipazione
con tutto il nostro cuore? Questa nozione di trascendenza
priva il mondo della possibilità di spiritualizzazione
come figli di Dio?
E.T.: No, perché un’azione
giusta non può uscire che da questo stato di trascendenza
dal mondo. Ogni altra attività è motivata
dall’ego e, anche fare del bene, se è motivato
dall’ego, avrà conseguenze karmiche.
“Motivato dall’ego”
significa che c’è un retro-pensiero. Per esempio,
se diventate una persona ai vostri occhi più spirituale,
questo fa risaltare la vostra immagine e vi fa bene; un
altro esempio sarebbe di aspettarsi una ricompensa in un’altra
vita o in Paradiso. Così, se c’è un
retro-pensiero, non c’è purezza. Non può
esserci vero amore nelle vostre azioni se il mondo non è
stato trasceso, perché non siete connesso alla sorgente
da dove nasce l’amore.
A.C.: Volete dire un’azione pura,
non oscurata dall’ego?
E.T.: Si, ma rimettiamo in ordine le
cose. In primo luogo ciò che viene è la realizzazione
e la liberazione, per lasciare che l’azione ne esca,
e sarà pura, non macchiata, e non ci sarà
più karma associato. Se no, poco importa la altezza
dei nostri ideali, noi rinforziamo ancora l’ego attraverso
le nostre buone azioni. Sfortunatamente, non potete seguire
i comandamenti, a meno di essere senza ego (e c’é
poca gente che lo è); è quello che tutte le
persone che hanno provato ad applicare gli insegnamenti
del Cristo hanno scoperto.
“Amate il vostro prossimo come
voi stessi” è uno dei principali insegnamenti
del Cristo e non potete seguire questo comandamento, malgrado
tutti i vostri sforzi, se non sapete chi siete al livello
più profondo.
“Amate il vostro prossimo come
voi stessi” significa che il vostro prossimo è
voi stessi, e questo riconoscere l’Unità è
Amore.
Articolo su gentile concessione del sito http://www.sviluppocoscienza.it/
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