PEMA CHODRON



Pema Chodron



Ane Pema Chodron (vero nome Deirdre Blomfield-Brown) è nata nel 1936, a New York. Laureata a Berkeley ha insegnato per molti anni come insegnante elementare. A trentaquattro anni, in seguito all’incontro, in Francia, con il Lama Chime Rinpoche, diventa monaca buddista. Da allora ha diretto diverse comunità buddiste in varie parti del mondo. Il successo dei suoi primi due libri, The Wisdom of No Escape e Start Where You Are, l’hanno resa un’autorità indiscussa come maestra di buddismo e divulgatrice. Il suo libro più recente è When Things Fall Apart: Heart Advice for Difficult Times.

Discorso di Pema Chodron - In lingua inglese

 
PEMA CHODRON - LIBRI CONSIGLIATI
 

Pema Chodron
Praticare la pace in tempo di guerra
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Da sempre l'uomo desidera vivere in pace; eppure, paradossalmente, lo strumento attraverso cui cerca la pace e la felicità è la guerra. E questo è vero a livello quotidiano e familiare, nei rapporti tra comunità di diversa ampiezza e tra Stati. Ma sia la pace che la guerra hanno origine nello stesso luogo, nel cuore dell'uomo: è questo il fulcro del messaggio di Pema Chödrön che in questo libro esplora le origini dell'odio, dell'aggressività, dei conflitti secondo l'insegnamento buddhista. È il modo in cui noi come individui reagiamo allo stress della vita quotidiana che può perpetuare una cultura di violenza, o viceversa creare una nuova cultura della compassione. Per questo imparare la meditazione e praticarla con costanza può aiutarci a diventare persone più consapevoli e compassionevoli, aprendo, nel nostro piccolo, le porte a un mondo di pace.


SENZA VIA DI SCAMPO
Autore Pema Chodron
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Monaca buddhista americana e discepola di Chögyam Trungpa, Pema Chödrön è abate di Gampo Abbey, un monastero per occidentali a Cape Breton Island, in Canada. Questo luogo immerso in una natura selvaggia, in un silenzio reso più intenso dal rumore del mare e del vento, crea una situazione ‘senza via di scampo’ che favorisce la meditazione e un contatto più intimo con se stessi. In questi discorsi, tenuti nell’arco di un ritiro di un mese, Pema Chödrön ci insegna a risvegliarci alla realtà usando come insegnante e guida spirituale le esperienze della vita quotidiana.

RECENSIONE DAL SITO www.centromandala.org
Porta nel cuore la tristezza e il dolore del samsara, e allo stesso tempo il potere e la visione del grande sole d'Oriente. In questo modo, il guerriero può preparare il tè come si deve.
"Senza via di scampo" (traduzione che non rende completamente giustizia al titolo originale di questo splendido libro, "The wisdom of no escape") raccoglie gli insegnamenti tenuti da Pema Chödrön, una monaca americana allieva di Chögyam Trungpa Rinpoche, nel corso di un ritiro di un mese ( dathun ) che si svolse nella primavera del 1989 nella straordinaria cornice naturale di Gampo Abbey (isola di Cape Breton, Canada).

È difficile immaginare un elogio più semplice e intenso di un modo alternativo, più coraggioso, di guardare alla vita: "Fra tutti gli esseri umani nati sulla terra, è sempre stato comunemente accettato l'equivoco in base al quale il modo migliore di vivere sia cercare di sfuggire il dolore e di condurre un'esistenza senza problemi. Esiste però un atteggiamento verso la vita molto più appassionante, gentile, avventuroso e gioioso, che consiste nell'iniziare a sviluppare la nostra curiosità, a prescindere dal fatto che l'oggetto dell'indagine sia gradevole o ripugnante.

Se vogliamo una vita che vada oltre la meschinità, il pregiudizio e il continuo voler essere sicuri che tutto proceda secondo i nostri desideri, una vita più appassionante, piena e gioiosa, dobbiamo renderci conto che siamo in grado di sopportare grandi gioie e grandi sofferenze, e che ciò ci offre la possibilità di scoprire chi siamo e che cos'è il mondo, come tutto quanto è".

Un insegnamento dopo l'altro, Pema Chödrön ci offre le diverse chiavi per accedere a questa nuova esistenza, piena, illimitata e ispirata.

Essere soddisfatti di ciò che si è e si possiede è la prima chiave. Di fatto, uno dei più grandi malintesi in cui si rischia di incorrere quando si comincia a praticare una disciplina spirituale è di credere che l'obiettivo ultimo sia sbarazzarsi di se stessi per sostituirsi con qualcosa di meglio - ciò che rappresenta "una sottile forma di aggressione verso di sé". Eppure, l'oggetto della pratica meditativa "siete voi, sono io, chiunque siamo qui e ora, ed esattamente come siamo. È questo il nostro campo di indagine, che studiamo e ci prepariamo a conoscere con profonda curiosità e interesse", aprendoci così a una prospettiva ben più ampia e gioiosa, ovvero l'esplorazione dell'umanità intera e dell'universo "sotto forma di noi stessi".

La via che conduce a questa soddisfazione di sé, a questa pienezza, può essere percorsa solo coltivando la precisione - vedere chiaramente chi siamo e cosa stiamo facendo -, la gentilezza - nutrire un buon cuore, un atteggiamento di benevolenza nei confronti di noi stessi e dei nostri limiti, contenendo la nostra naturale tendenza a irrigidirci e a giudicare- e il lasciar andare - riscoprire la nostra capacità innata di aprirci, di superare la chiusura mentale, di abbandonare ogni visione limitata e preconcetta. In questo senso, una situazione "senza via di scampo" quale può essere un ritiro o, più in generale, l'imparare a essere onesti e generosi nei confronti di tutto ciò che accade nella nostra mente, "può essere una fortuna", perché "ci costringe a tirare fuori il coraggio che tutti abbiamo nel profondo del cuore, a impegnarci davvero nel lungo e periglioso viaggio della ricerca interiore".

La gioia , la capacità di ampliare la prospettiva , ci offrono ulteriori chiavi per rileggere la nostra esistenza e superare quel risentimento che ci impedisce di essere vivi, di vedere, di ascoltare e di entrare in contatto con ciò che sta dentro e fuori di noi. Coltivando la gioia, coltiveremo la nostra attitudine a trasformare ogni gesto in un rito, e la nostra vita in uno spazio sacro. "Ovunque ci troviamo, quello è il centro del mondo. Siamo sempre al centro di uno spazio sacro, esattamente al centro del cerchio. Ovunque andiate, per il resto della vita, sarete sempre al centro dell'universo, e il cerchio sarà sempre attorno a voi. Ogni persona che incontrate entra nel vostro spazio sacro, e non certo per caso. Tutto ciò che entra nel cerchio è lì per insegnarvi qualcosa. Il nostro compito nella vita è utilizzare ciò che ci è stato dato per risvegliarci. Qualunque destino vi sia toccato, può risvegliarvi o farvi addormentare. È questa la sfida del momento presente: come intendete sfruttare ciò che possedete, vale a dire il vostro corpo, la vostra parola, la vostra mente?"

E ancora, nel coltivare un'esistenza aperta e coraggiosa, è necessario essere pronti a superare le proprie opinioni e certezze . Nel Buddhismo esiste un insegnamento che dice: "Se incontri il Buddha per strada, uccidilo". Al di là dell'apparente violenza di queste parole, l'essenza dell'insegnamento è un invito a riconoscere la tendenza ad aggrapparci alle nostre credenze, e così alimentare un atteggiamento di chiusura mentale che inevitabilmente pone le premesse del conflitto. Per contro, la capacità di osservare in maniera onesta e profonda le proprie convinzioni "è un occasione per accorgervi che vi state attaccando alla vostra interpretazione della realtà e per riflettere sul fatto che si tratta esattamente di questo: della vostra interpretazione della realtà, niente di più e niente di meno".

Tra le altre cose, questo significa accettare che non esiste "la" via di mezzo , ma che trovarla è un processo nuovo e diverso per ogni essere umano: "nessun altro può realmente decidere per voi cosa accettare e cosa rifiutare, se parliamo di ciò che vi porta o di ciò che vi allontana dal risveglio". Allo stesso modo, non esistono un inferno e un paradiso, "se non per il modo in cui ci mettiamo in rapporto con la vita; l'inferno non è altro che la nostra resistenza alla vita".

Di fatto, quando si parla di rinuncia (un'altra fondamentale chiave di accesso al sentiero della ricerca interiore), si intende proprio questo: rinunciare a chiudersi, a separare se stessi dalla vita, "prendere coscienza che il voler rimanere in un mondo protetto, chiuso e meschino è una forma di follia". Solo cominciando a intuire la vastità della vita che ci circonda e la nostra possibilità di viverla fino in fondo, avventurosamente, senza pregiudizi, cominceremo davvero a comprendere cosa sia la rinuncia. Come ? Avendo il coraggio di scoprire il nostro limite, ancora e ancora; di cominciare a chiederci: "Perché sono così terrorizzato? Cos'è che non voglio vedere? Perché non riesco ad andare più avanti?". La meditazione serve anche e soprattutto a questo: essere svegli ai nostri limiti e, nel momento stesso in cui li riconosciamo, accogliere ciò che hanno da insegnarci, piuttosto che deprimerci per aver sbagliato.

Prendere rifugio è un altro modo di descrivere questa apertura alla vita: nel momento in cui prendiamo profondo e sincero rifugio nel Buddha, negli insegnamenti e nella comunità spirituale, recidiamo il cordone ombelicale dei nostri legami, delle nostre certezze, della nostra dipendenza dall'approvazione degli altri; "abbandoniamo la casa", smontiamo pezzo per pezzo l'"armatura" che ci impedisce di risvegliarci, e intraprendiamo da soli "il cammino dell'essere pienamente umani".

E infine, il coraggio consiste nell'imparare a invitare il dolore , nostro e altrui; nell'essere disposti a riconoscere la sofferenza della condizione umana; nel coltivare bodhicitta , ovvero un cuore risvegliato e impavido. Ma anche nel voler condividere il piacere, la gioia, la felicità , nel riconoscere la spaziosità che è l'altra faccia della nostra esistenza,. Questo e non altro significa l'espressione non preferire né il samsara né il nirvana : "se riusciamo a vivere portando con noi la tristezza della condizione umana, se siamo disposti a sperimentare fino in fondo e a riconoscere sempre la nostra tristezza e la tristezza della vita, ma, nel contempo, non ne veniamo sopraffatti perché abbiamo anche ben presenti la visione e il potere del grande sole d'Oriente, allora sperimentiamo l'equilibrio e la completezza, l'unione del cielo e della terra, della visione e della vita pratica. Possiamo ritrovare il contatto con il 'clima' che abbiamo in noi, e magari accorgerci che è un clima triste. Più è triste più è spazioso, e più è spazioso più il cuore si apre. Possiamo smetterla di credere che quando il tempo è bello e luminoso vuol dire che stiamo praticando bene, e quando il tempo è brutto e scuro significa che la nostra pratica non funziona. Se sapremo portare tutto ciò nel cuore, potremo preparare il tè come si deve".
(Simona Bodo)

- dal sito http://www.centromandala.org/page/buddhismo/recensioni/04.shtml

 
 
 
  
  
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